Salvo così la mia famiglia”. Con queste parole, lasciate scritte nel messaggio alla moglie e ai figli, si congedava Emilio Foà, funzionario dell’Unione industriale di Torino, suicida il 4 maggio 1939. Per il regime fascista l’ascendenza ebraica era diventata una colpa incancellabile: non aveva scampo neppure chi da tempo si era allontanato dalla tradizione dei padri e si vedeva imporre improvvisamente un’identità in cui stentava ormai sempre più a riconoscersi. Il libro descrive i percorsi di vita di Emilio Foà e del fratello Arturo, fra vicende pubbliche e famigliari. Sulla base di un’attenta ricostruzione storica e dando ampio spazio nella narrazione al linguaggio diretto e coinvolgente dei documenti, esso ripercorre tutto il periodo che va dall’ultimo scorcio dell’Ottocento fino ai drammatici anni delle persecuzioni antisemite culminate nelle deportazioni e a quelli, pieni di speranze e di contraddizioni, dell’immediato dopoguerra.
216 pp.