Tra microstoria e storia economica: la povertà degli ebrei italiani nel Settecento.
L’idea che nel mondo occidentale, dal medioevo fino ai giorni nostri, ci si è fatta degli ebrei è che fossero – e siano – pressoché tutti ricchi. Gli ebrei vengono associati a una sorta di opulenza quasi congenita. Questa caratterizzazione si è incarnata in una lunga serie di raffigurazioni sarcastiche e spregiative, fra cui spiccano quelle novecentesche, che hanno nutrito la persistenza di stereotipi difficili da superare.
Tuttavia chiunque, nei secoli passati, avesse anche solo attraversato un ghetto o un quartiere ebraico avrebbe potuto toccare con mano che la maggior parte degli abitanti viveva in condizioni tutt’altro che floride: anzi, sopravviveva a stento, o comunque in uno stato di povertà o di semi-indigenza.
Gli ebrei italiani – di tutte le città, grandi e piccole, nel Nord e nel Centro – a Sud con la dominazione spagnola erano stati costretti quasi del tutto a emigrare o convertirsi –, costretti in gran parte a vivere nei ghetti, erano, come il resto della popolazione, in gran parte poveri, quando non indigenti ai limiti della sopravvivenza.
Lo studio di Luciano Allegra, unendo storia economica e microstoria, affronta un’analisi ampia partendo da una fonte straordinaria per qualità e ricchezza di materiali: l’imponente archivio di documenti, fortunatamente giunti fino a noi, dall’università (come era allora chiamata la comunità) degli ebrei di Mantova, in particolare le centinaia di lettere di richieste di assistenza da parte di chi si trovava in difficoltà. Molte pagine sono poi dedicate ad altre realtà, dalla Toscana (Pisa, Livorno, Siena) al Veneto (Conegliano) alle Marche (Ancona) a Torino, con ulteriori dati che confermano l’andamento analizzato per la città lombarda.
Per questo, come si vedrà nell’ampia documentazione che costituisce la base del lavoro svolto dall’autore, l’adagio “Gli ebrei sono ricchi e lo sono sempre stati”. non è altro che una secolare, pervicace menzogna.