L’applicazione delle leggi antiebraiche del 1938 avvenne in tutte le Università italiane, preceduta da un’accurata preparazione a cui parteciparono rettori, presidi di facoltà, docenti convinti assertori della necessità della politica razzista e impiegati ai vari livelli della struttura amministrativa e tecnica. I documenti proposti al lettore in questo libro, nella loro cruda esemplarità, mostrano meglio di qualsiasi ragionamento i tanti aspetti di una pagina oscura nella storia dell’Università di Torino. Mostrano la violenza, la protervia e l’assoluta irragionevolezza delle misure che portarono nel 1938 all’espulsione degli ebrei – docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo – dall’Ateneo torinese, come peraltro dall’insieme della vita sociale; la dimensione della ferita allora inferta sull’insieme della comunità accademica; la solerte obbedienza dell’istituzione nelle sue diverse articolazioni; l’assenza di qualsiasi opposizione; l’offesa alla dignità della cultura e la depravazione dell’intelligenza di tanti uomini colti.
“La violenza della discriminazione antisemita compiuta anche all’interno delle Università dal regime fascista, qui riprodotta e illustrata da Valeria Graffone, grazie alle carte serbate ed ordinate nell’Archivio Storico dell’Università di Torino, si manifesta, proprio in quelle carte, con una evidenza crudissima. È un impasto al contempo ottuso e crudele quello che emerge dalla contabilità della discriminazione, che carica di vergogna non solo chi volle tale violenza e ne dispose gli strumenti coattivi, ma anche chi, all’interno degli Atenei, ne fu esecutore.
Una vergogna che conferma lo scandalo dell’adesione pressoché totale dei docenti ed accademici italiani al giuramento di fedeltà al fascismo, nel 1931.
Con l’approvazione e la successiva attuazione del corpus delle leggi antiebraiche, e delle disposizioni amministrative che le accompagnarono, tra il settembre e il novembre 1938, la politica razzista del governo fascista colpì in modo esteso i 27 Atenei del Paese, lasciando al loro interno una ferita profonda. Una ferita che risulterà difficile da rimarginare, slabbrata dall’imbarazzato (ed ancor oggi imbarazzante) silenzio che ne accolse la promulgazione, dalla ottusità pedante nella persecuzione, ma anche dalla inquietante ed infastidita lentezza che segnerà la fase post-bellica del rientro su quelle cattedre troppo rapidamente riassegnate ad altri docenti e meschinamente accettate”.
Dalla Presentazione al volume del Rettore dell’Università di Torino Gianmaria Ajani
“I documenti proposti al lettore in questo libro, nella loro cruda esemplarità, mostrano meglio di qualsiasi ragionamento i tanti aspetti di una pagina oscura nella storia dell’Università di Torino e di tutto il Paese. Mostrano la violenza, la protervia e l’assoluta irragionevolezza delle misure che portarono nel 1938 all’espulsione degli ebrei – docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo – dall’Ateneo torinese, come peraltro dall’insieme della vita sociale; la dimensione molto ampia della ferita allora inferta, anche solo in termini percentuali sull’insieme della comunità accademica; la solerte obbedienza dell’istituzione nelle sue diverse articolazioni; l’assenza di qualsiasi opposizione o, più precisamente, la diffusa acquiescenza a tutti i livelli di chi assistette all’espulsione dei colleghi senza aprire bocca; l’offesa alla dignità della cultura e la depravazione dell’intelligenza di tanti uomini colti; la meschinità, dopo la guerra, di un sistema e di tanti individui incapaci di rimediare alle proprie colpe, perseverando, pur in condizioni molto diverse, nell’errore e nell’offesa”.
Dalla Prefazione di Fabio Levi
164 pp.