Questo libro ‒ dedicato da Andrea Casalegno ai nipoti e “a chi c’era e a chi quegli anni non li ha vissuti” ‒ costituisce allo stesso tempo un diario esemplare degli slanci e delle disillusioni di una generazione e il resoconto d’una educazione sentimentale nel rapporto tra il narrante e la moglie, Elisabetta. Un racconto sobrio, ma intenso e a tratti sofferto, con al centro la personalità forte di una donna partecipe dei fermenti e delle rivendicazioni del sessantotto, lucidamente consapevole dei grandi cambiamenti che il movimento femminista ha suscitato. Spiccano nel testo le figure del padre Carlo Casalegno, ucciso dalle Brigate rosse nel 1977, e della madre Annamaria Salvatorelli ‒ con Carlo partecipe della Resistenza antifascista a Torino ‒ persa da bambino. Una storia famigliare ripercorsa come un invito a riconsiderare il passato, a ricordare le scelte di allora con scrupolosa onestà, senza indulgenza verso sé e verso gli altri per chi ha vissuto gli anni del sessantotto; per chi in quel tempo non c’era, a intravedere attraverso queste pagine uno spiraglio ampio delle motivazioni, delle pulsioni e dei pensieri individuali e collettivi caratteristici di quel periodo.
“La vita è piena di dolore. Elisabetta non scappava di fronte al dolore. non voltava la testa dall’altra parte: si ribellava al dolore con tutte le sue forze. Ribellarsi non è immorale”.
200 pagine