Dal settembre 1943 la situazione degli ebrei in Italia, già molto difficile per le leggi antiebraiche emanate nel 1938, divenne ancora più drammatica quando – come ha scritto Michele Sarfatti – dalla “persecuzione dei diritti” si passò, sotto l’occupazione nazista e la Repubblica sociale italiana, alla “persecuzione delle vite”. Gli ebrei che si trovavano nelle zone dominate dalle forze nazifasciste dovettero cercare scampo all’immediata minaccia di deportazione verso lo sterminio. Molti dal Centro e dal Nord dell’Italia si diressero verso l’unico Paese neutrale che sembrava potesse dar loro accoglienza: la Confederazione Elvetica.
Nel libro sono pubblicati due testi: il primo, una memoria scritta in età matura da Corrado Vivanti, celebre storico, che ricorda gli anni della fanciullezza a Mantova; il secondo è il diario tenuto dalla madre, Clelia Della Pergola, nei mesi di internamento in Svizzera, dove la famiglia riuscì fortunosamente a trovare rifugio sino alla fine del conflitto. Due testi che riportano al periodo in cui la situazione degli ebrei italiani cambiò repentinamente, passando in un decennio da una apparente normalità al baratro della Shoah. La complessità e la tragicità di quegli anni sono riflesse nelle vicende che coinvolsero la famiglia Vivanti, ben inserita nell’ambiente di una città di provincia in cui la presenza ebraica, attestata fin dal 1145, venne incoraggiata dai Gonzaga. Soltanto col regime mussoliniano le restrizioni nel settore educativo e lavorativo cominciarono a minarne la tranquillità, influenzando pesantemente la vita quotidiana. Dopo le pagine di Corrado Vivanti il Diario svizzero di Clelia Della Pergola ci porta così ai giorni concitati della fuga e alla lunga permanenza in Svizzera nell’incerta condizione dei rifugiati.
88 pp., 38 illustrazioni