Il libro affronta un tema molto interessante, per i suoi sviluppi che spaziano dall’architettura, alla pianificazione del territorio, dalla storia della tecnologia a quella giuridica: quello della gestione delle risorse idriche nel mondo romano. Gli acquedotti, annoverati tra le più alte manifestazioni della antica civiltà romana, capolavori di architettura che da sempre colpiscono studiosi e viaggiatori, costituiscono la parte visibile di un complesso sistema di approvvigionamento che, sviluppatosi a partire dal IV secolo a.C. con la costruzione del primo acquedotto nella città di Roma, raggiunse in età imperiale un livello qualitativo eguagliato soltanto in tempi moderni. Meno conosciuta, ma altrettanto evoluta, è la parte invisibile di questo sistema, rappresentata da un articolato complesso di strutture organizzative e di meccanismi operativi, di responsabilità politiche e amministrative, di disciplina dei finanziamenti, di norme civili e penali, finalizzato ad assicurare una efficace distribuzione delle acque e a sanzionare i comportamenti illeciti. La cura aquarum richiedeva l’impiego di risorse umane, tecnologiche e finanziarie che presupponevano a loro volta un’accurata definizione dei compiti: è questo il campo di indagine della ricerca oggetto del presente volume, che affronta il tema in un’ottica originale, cogliendo anche le implicazioni socio-economiche e politico-istituzionali che dall’amministrazione idrica derivavano nella società romana e inserendosi nel dibattito di pressante attualità indotto dalle inquietanti prospettive di carenza di acqua nel mondo.
272 pp.